giovedì 27 gennaio 2011

Disastro ecologico ad Anagni, Frosinone, Lazio.

Un breve riassunto tratto dai dialoghi del documento:

Il 31 marzo 2009 un guasto ai tubi che portano il “carbon black” al reparto di lavorazione dei pneumatici della Marangoni di Anagni, causa la dispersione di circa 50 quintali di polveri altamente inquinanti nell’atmosfera: “…una nube talmente grande da spaventare chiunque…”. Le fuoriuscite anomale dal termocombustore erano già note da tempo, come le polveri nere sulle superfici esterne delle abitazioni.
“…ogni tanto il termocombustore andava in blocco e le uscite di sicurezza lasciavano uscire il finimondo…”.

Un anno dopo, un’ordinanza vieta di mangiare ortaggi o allevare animali entro 500 m in linea d’aria dalla Marangoni. In seguito ad ulteriori analisi, tale ordinanza è stata ampliata.






Cos'è il "CARBON BLACK"?

Fonte: Wikipedia.

http://it.wikipedia.org/wiki/Carbon_black

Nero di carbone

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il nero di carbone (o nerofumo o carbon black) è un pigmento, prodotto dalla combustione incompleta di prodotti petroliferi pesanti quali, catrame di carbon fossile, catrame ottenuto dal cracking dell'etilene, o da grassi ed oli vegetali.

Il nero di carbone è una forma di particolato carbonioso ad alto rapporto superficie/volume come parametro importante per la resa colorimetrica, anche se lo stesso rapporto è basso rispetto al carbone attivo. È dissimile dalla fuliggine sempre per un rapporto tra superficie e volume più alto, ed un trascurabile e non biodisponibile contenuto di PAH. Il maggior impiego è come pigmento per il rinforzamento della gomma e dei prodotti plastici.

L'attuale Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), ha valutato che il "nero carbone è probabilmente cancerogeno (Lista delle sostanze cancerogene IARC Gruppo 2B | Gruppo 2B)". L'esposizione a breve termine ad alte concentrazioni di nero di carbone in polvere può causare disagio al tratto respiratorio superiore, attraverso irritazione meccanica.

Usi

Circa il 70% del nero di carbone è utilizzato nell'industria della gomma e di questa la maggioranza è nel campo automobilistico. Il nero di carbone negli pneumatici contribuisce a diversi fattori quali:
  • la conduzione del calore del battistrada sull'intera area della cintura dello pneumatico, riducendo il danno termico ed aumentandone la durata.
  • usura: Praticamente tutti i prodotti in gomma, dove le proprietà di usura alla trazione, frizione e all'abrasione sono cruciali. L'aggravante che questo inciderà pesantemente sulla colorazione. Dove le proprietà fisiche sono importanti, ma sono richiesti colori diversi dal nero, come il bianco delle scarpe da tennis, si impiegano precipitati della silice (silice pirogenica) come valida alternativa nel rinforzare la capacità meccaniche. Anche il Biossido di silicio ha guadagnato quote di mercato negli pneumatici per autoveicoli, perché fornisce un'efficienza nel consumo del carburante. Tradizionalmente i riempitivi a base di silice davano proprietà di usura peggiori, ma la tecnologia di sintesi è gradualmente migliorata fornendo oggi prodotti competitivi con il nero di carbone.
Particelle di nero di carbone vengono impiegate come materiale radar assorbente, oppure UV assorbente, quindi come preservante nei manufatti esposti a queste radiazioni.
Come pigmento: nelle vernici e nelle patine, negli inchiostri, nella colorazione in massa della carta, nel toner per fotocopiatrice e stampante laser.
La produzione totale è stata di circa 8'930'000 tons nel 2006. [1]
Il nero di carbone di origine vegetale è utilizzato come colorante alimentare, e noto come additivo E153.
È anche un pigmento pittorico.

«Quel no è il frutto di un dissenso sterile»

Lizzana. Duri i consiglieri di centro sinistra: «Migliarini si nasconde dietro a motivi futili»

Estratto da L’Adige giovedì 27/01/2011, pag. 30, autore: G. L.


La Circoscrizione di Lizzana è una delle due Circoscrizioni che hanno bocciato il bilancio comunale 2011, seppur con il voto favorevole di quattro consiglieri, che oggi attaccano chi ha votato contro. A partire dalle motivazioni espresse dal presidente Migliarini, che ha parlato dell'assenza di un confronto preventivo sul bilancio: «Mai in consiglio circoscrizionale si è parlato di questa richiesta» così Renzo Braus, Egidio Frisinghelli, Giampietro Gugole, Michela Simoncelli ed Egizia Viola». Così come - osservano riprendendo le critiche di Migliarini - mai sarebbe stata formalizzata la richiesta di «un progetto serio di sviluppo economico e sociale dell'intera frazione ormai diventata un dormitorio». «Inoltre - spiegano - sono i consiglieri circoscrizionali, radicati sul territorio, a dover elaborare la bozza di tale progetto, per poi portarlo alla giunta. Poi, Lizzana non è un dormitorio. Ci sono innumerevoli associazioni, tra le più note la Banda, la Filodrammatica, il coro Notemagia, la sportiva (calcio), la pallavolo, esiste una realtà giovanile fantastica come il gruppo Spazio Proposte ed un gruppo anziani molto attivo». Critiche, al presidente Migliarini, arrivano anche sulla questione del monitoraggio ambientale: «Al sindaco Miorandi, che gli ha spiegato nei particolari come intende impegnarsi in questo campo, il presidente della circoscrizione di Lizzana non ha portato alcuna critica o osservazione, salvo dichiararsi del tutto insoddisfatto, il giorno successivo, in consiglio e soprattutto sulla stampa». «In realtà il sindaco e la giunta comunale hanno dato risposta a tutte le richieste del Progetto per Lizzana, la gran parte sono state accolte». Per questo, osservano, il no al bilancio è arrivato per «la voglia di un puerile ed immotivato dissenso, dal quale anche due consiglieri di maggioranza hanno preso le distanze astenendosi». G. L.


27/01/2011
 

mercoledì 26 gennaio 2011

Ad Anagni non hanno avuto solo problemi di trasmissione dati.

Il 21/01/2011 sul quotidiano "L’Adige", l'amministratore delegato della Marangoni descrive il sistema di monitoraggio degli inquinanti attivo nello stabilimento di Anagni.



La differenza > Le emissioni del termovalorizzatore Marangoni consultabili da tutti
Ad Anagni i dati sono on line

La Marangoni ha un altro stabilimento in Italia, ad Anagni in provincia di Frosinone. Anche qui l'azienda ha installato un termovalorizzatore che brucia pneumatici per produrre energia elettrica. La fabbrica, rispetto a Rovereto, è fuori dall'abitato, ma i dubbi sulle emissioni hanno prodotto la creazione di diversi comitati popolari, che vigilano con estrema attenzione sull'ambiente e la salute. La pressione esercitata dall'opinione pubblica ha prodotto lo stop, già deciso dalla conferenza dei Servizi e poi avallato in prima istanza dal Tar, di un progetto che prevedeva la combustione nel termovalorizzatore, oltre che dei pneumatici, anche delle carcasse in plastica delle auto. E ad Anagni l'azienda fornisce pubblicamente on-line sul suo sito i dati di rilevamento inquinanti forniti dalle sonde che vigilano sui camini filtranti. Dati, va detto, ampiamente sotto i limiti di legge. Ma perché ad Anagni sì e a Rovereto no? «Ad Anagni - spiega l'amministratore delegato di Marangoni meccanica e tecnologia, l'ing. Roberto Tamma - abbiamo avuto problemi con la trasmissione dei nostri dati agli enti territoriali. E così per evitare che le relazioni periodiche si perdessero, come è accaduto in Comune, abbiamo deciso di avviare questo metodo di trasmissione on line, per comodità e sicurezza nostra e loro. Detto questo, va aggiunto che a Rovereto non abbiamo ancora un sito specifico per questo tipo di comunicazioni». B. B.

L’Adige 21/01/2011




A questa versione manca qualcosa: il contraddittorio.




































Schiuma nel fiume, indagini del Nosf

l'allarme> Vanzo: «Uno strano sversamento»



























Estratto da “L’Adige” mercoledì 26/01/2011, pag 30



Nella corso della mattinata di ieri, nel fiume Adige all'altezza del depuratore di Rovereto, si sono formate alcune strane schiume. In quel momento, sulla ciclabile, transitava Irzio Vanzo, noto per la sua prolungata battaglia per la qualità dell'aria attorno alla Pasina (l'impianto di trattamento dei rifiuti organici). «Ho visto le schiume nell'acqua - spiega Vanzo - e allora mi sono fermato per guardare meglio. Ho notato che, dal tubo di scarico del depuratore, usciva una grande quantità di acqua». L'uscita di acqua da quel tubo è normale, ma ieri Vanzo ha notato qualcosa che non lo convinceva: «L'acqua era di colore marrone, e aveva un pessimo odore». Sul posto sono poi arrivati gli uomini del corpo Forestale. Gli agenti hanno preso visione della situazione, ma i pochi minuti necessari per arrivare sul punto segnalato sono stati sufficienti a far scomparire le schiume: la portata del fiume è decisamente forte e l'eventuale presenza di inquinanti non sarebbe più stata rilevabile. Inoltre, per effettuare prelievi di acqua in quella zona, sono necessarie attrezzature specifiche: la pendenza dell'argine è particolarmente impegnativa e, senza imbragatura, non è possibile arrivare al livello dell'acqua e prendere i campioni. L'ufficio distrettuale forestale di Rovereto, coordinato dal vice questore Giorgio Zattoni, intende però andare a fondo della questione. Ieri è stato infatti informato il Nucleo operativo specialistico del Corpo Forestale provinciale (Nosf). Il nucleo si occupa, in particolare, della vigilanza territoriale e ambientale, con particolare attenzione alle attività di controllo e prevenzione legate alla tutela dell'ambiente e del suolo. Si occupa inoltre della verifica dell'osservanza delle norme in materia di inquinamento. In futuro saranno dunque realizzati controlli a sorpresa. Al momento non è detto, quindi, che i materiali sversati ieri siano effettivamente inquinanti. Solo le prossime indagini potranno fare chiarezza.


26/01/2011

domenica 23 gennaio 2011

Dalla Marangoni esce acqua? «Non siamo disposti a bercela»

Zona industriale La replica dell'Osservatorio

Estratto dal quotidiano "L'Adige" domenica 23/01/2011, pag. 31

Il neonato «Osservatorio sulla zona industriale» di Rovereto non demorde. L'altro giorno ci hanno inviato la fotografia scattata di notte il 19 gennaio, dove si vedeva la zona sud di Rovereto avvolta da una nube bianca proveniente dalla Marangoni. Sul giornale di ieri l'amministratore delegato dell'azienda ha spiegato che «si tratta di vapore acqueo purissimo», che non è assolutamente dannoso. I cittadini, però, vogliono replicare: «L'immagine è dantesca, ma nel girone ci sono i cittadini. Le fonti di inquinamento nella zona industriale sono più di una. Un censimento di tali fonti seguito da un serio monitoraggio sarebbe opportuno, nonché doveroso, nei confronti della popolazione che risiede nelle vicinanze. I camper dell'Appa preposti al controllo della qualità dell'aria non sono sufficienti. È stata citata la Marangoni perché le sue emissioni sono le più eclatanti. Gli abitanti delle zone circostanti la fabbrica possono constatare personalmente la presenza di fuliggine nera, passando un fazzoletto bianco sul proprio balcone. Sarebbe interessante far analizzare questa polvere nera, per stabilirne la composizione, la provenienza e la sua eventuale pericolosità. Se questo vapore si trasforma in acqua potabile, perché l'azienda non la imbottiglia? Forse perché in pochi sarebbero disposti a bersela» afferma l'Osservatorio.

23/01/2011


«Zona industriale, serve un controllo d’insieme»


Le Circoscrizioni avvertono «Non c’è solo la Marangoni»
 
Estratto dal quotidiano "L'Adige" sabato 22/01/2011, pag. 35, autore: B. B.
 
L'immagine «di pancia» dell'inquinamento per i roveretani che abitano nelle vicinanze della zona industriale è quella degli inceneritori aziendali. Ma, a ben guardare, forse sono le strutture più controllate. Per questo i presidenti delle Circoscrizioni più coinvolte nel problema sottolineano come servirebbe di più analizzare nel loro insieme le emissioni dei vari stabilimenti che compongono la zona. Se infatti il termovalorizzatore della Marangoni produce un inquinamento molto al di sotto dei limiti di legge, siamo sicuri che tutte le altre piccole industrie vicine siano a norma e la somma totale delle emissioni alla fine non produca sforamenti? E poi perché non fare i conti anche con l'elettrosmog o altri pericoli come l'amianto o i rifiuti pericolosi smaltiti nel terreno nei decenni passati, quando ancora non esisteva una coscienza e una normativa di tutela dell'ambiente? «Non chiediamo miracoli, né abbiamo la bacchetta magica - sottolinea Filippo Galli , presidente della Rovereto Sud - ma come Circoscrizione vogliamo essere da stimolo all'amministrazione comunale, che ha fatto proprio dell'ambiente una delle bandiere del suo programma. Procedere a un monitoraggio costante della zona industriale e anche elaborare una mappa dei siti inquinati, sono attività che si potrebbero realizzare con una spesa contenuta grazie alle moderne tecnologie, ottenendo risultati importanti. Oggi, per fare un esempio, chi compra una casa non sa cosa ci potrebbe essere sotto e ci sono lavori pubblici che si sono fermati perché durante gli scavi sono stati trovati bidoni di sostanze chimiche o altri scarti di lavorazione industriale risalenti all'epoca in cui non c'erano controlli. E poi esistono sono altri pericoli come l'elettrosmog (anche questo da monitorare) o le coperture in amianto di vecchi capannoni industriali ancora da bonificare. All'interno della Circoscrizione abbiamo creato una commissione sull'inquinamento che lavora appoggiata trasversalmente da tutte le forze politiche presenti. Un tema molto sentito e avvertito come priorità assoluta». Maurizio Migliarini , presidente della Circoscrizione di Lizzana, sottolinea la necessità di un monitoraggio globale della zona industriale. «Tre anni fa la chiedemmo invano a Valduga assieme alla Circoscrizione Sud. Nel marzo scorso non ci ha fornito risposte soddisfacenti l'incontro con il vicepresidente della Provincia, Pacher, e con il dirigente dell'Appa Fabio Berlanda, né ha convinto, nel recente incontro con il sindaco Miorandi, l'idea di puntare maggiormente sulle certificazioni ambientali delle aziende, che, fra l'altro, non sono neppure obbligatorie. Serve quindi un monitoraggio globale dell'Appa. Quindici anni fa ne venne fatto uno, ma le cose nel frattempo sono molto cambiate: sono diverse le lavorazioni e i materiali impiegati. Anche su questi elementi vorremmo più informazioni, pure rispetto agli effetti sulla salute. Insomma sarebbe importante avviare un serio studio epidemiologico». Alberto Galli è stato presidente della Circoscrizione Sud dal 2005 al 2010 e oggi è consigliere comunale di maggioranza. Fa parte della Commissione ambiente. Anche sulla base della sua passata esperienza, è convinto della necessità del monitoraggio globale delle emissioni in zona industriale. «E ci vorrebbe comunque sempre più trasparenza su queste attività di controllo, insistendo con la Provincia per il «Vas», e cioè la Valutazione ambientale strategica. E poi bisognerebbe anche riflettere sul fatto che 15 anni fa Rovereto bocciò il termovalorizzatore che avrebbe prodotto risparmi energetici per tutti. Il risultato è che gli inceneritori sul territorio ci sono lo stesso, ma producono utili solo per i privati». B. B.


22/01/2011



"Fuliggine su tela" Immagine tratta da "L'Adige"
















La precisazione. L'amministratore delegato Tamma sull'«immagine dantesca»

«Quella cappa di fumo è solo vapore puro»

BEPPE BONURA Ieri su queste pagine abbiamo pubblicato una foto inviataci dall'Osservatorio Zona Industriale, «scattata a mezzanotte tra il 19 e il 20 gennaio 2011 e riguardante la cappa di fumo che impregna la zona industriale di Rovereto ed i centri abitati limitrofi». «Il contributo maggiore - si legge nella nota di accompagnamento all'immagine - è dato dall'impianto di incenerimento di copertoni dell'industria Marangoni, il quale sembra emettere fumi da un intero reparto piuttosto che attraverso i camini dotati di filtri. Di solito queste fuoriuscite eccessive avvengono rigorosamente di notte, e strategicamente in corrispondenza di piogge, nevicate o fitte nebbie». Sulla foto (la ripubblichaimo qui accanto) interviene l'amministratore delegato della Marangoni di Rovereto, Roberto Tamma, che non ne contesta la veridicità, ma tranquillizza sulle cause. «In effetti è una immagine da "girone dantesco", ma si tratta solamente di vapore acqueo, fra l'altro purissimo. La combustione dei pneumatici, usata per alimentare i due termovalorizzatori, scalda dei condotti dove passa dell'acqua. Questo produce vapore a pressione ad alta temperatura che serve a far girare le turbine per la produzione di energia elettrica. È il cosiddetto ciclo-vapore. Ad un certo punto però si perde calore (si arriva a circa 35 gradi) e quindi il vapore "vecchio" e non più funzionale all'impianto viene espulso all'esterno. In continuazione». Eppure gli scarichi densi si vedono solo la sera... «Di giorno infatti il fenomeno neppure si vede, ma la sera lo sbalzo con la temperatura esterna, nel frattempo abbassatasi, o in presenza di determinate condizioni atmosferiche come pioggia o neve (come giustamente rileva chi ha inviato la fotografia), la massa si condensa fortemente ed appare più visibile. Ma si tratta sempre di vapore acqueo e non certo di immissioni di "sostanze sospette" nell'atmosfera. Di più: ritrasformandolo in acqua, lo si potrebbe tranquillamente bere perché frutto dell'evaporazione di acqua praticamente distillata. Se infatti ci fossero delle impurità le condotte vapore, che alimentano le turbine, potrebbero essere gravemente danneggiate».


22/01/2011

venerdì 21 gennaio 2011

«Urgente monitorare la qualità dell'aria»

Lizzana > La Circoscrizione chiede più tutela da fabbriche e impianti vari

Il sindaco: «Vogliamo realizzare una "fattoria solare" per l'energia pulita»

Estratto dal quotidiano "L'Adige" giovedì 20/01/2011, pag. 30, autore: G. L.

Una presenza massiccia di cittadini, forse più che a Marco la sera prima. Così Lizzana ha accolto la giunta Miorandi. Dai residenti è arrivato un nuovo appello a monitorare la qualità dell'aria in zona industriale: «L'ambiente a Lizzana è il primo punto, e manca sempre la "barriera verde" richiesta già dallo studio Perin del 1982 e che ancora sarebbe necessaria per separare le fabbriche dalla zona abitata, a nord e a sud della Marangoni, che ormai ha realizzato capannoni a ridosso del campo sportivo. Avevamo raccolto più di 3000 firme per chiedere che in zona industriale non fossero insediate altre fonti inquinanti e il Comune avrebbe dovuto farsi parte attiva con la Provincia. Abbiamo la discarica dei Lavini che ora viene ampliata, il nuovo inceneritore della Sandoz, stiamo diventando la pattumiera della città. Il Comune ci deve tutelare: quante sono le polveri e da dove provengono?». Miorandi aveva spiegato che l'Amministrazione «sta attivando una riorganizzazione dei servizi, che prevede l'assunzione di una figura di alta specializzazione che possa garantire un raccordo con Appa e imprese per un costante monitoraggio dei potenziali rischi. Vogliamo realizzare una "fattoria solare" in zona industriale per produrre energia pulita e incentivare la certificazione ambientale delle imprese: non solo controlli ma sapere anche dalle aziende i dati sui loro impianti. Il Piano d'evacuazione? Esiste già quello di protezione civile che contempla anche i rischi legati alla zona industriale». In merito alla richiesta di un incontro pubblico informativo, il sindaco non si è sottratto: «Mi prendo l'impegno, con l'assessore Daicampi, di ritrovarci con la Circoscrizione per capire come può essere migliorato il piano di monitoraggio; negli anni ‘80 con l'Ateneo di Venezia era stata elaborata una banca dati della zona industriale, dobbiamo capire se bisogna implementarla anche con altri strumenti». Oltre alla richiesta di intervenire sulla casa disabitata di via Guetti, un pericolo per la salute pubblica a causa dell'amianto, i consiglieri circoscrizionali sono tornati a chiedere un parcheggio nell'area «Perri», tuttora previsto nel Prg, inserito nel parere favorevole alla realizzazione del parcheggio interrato dell'Oratorio (è nel bilancio 2011 per 2 milioni di euro), oltre alla pista ciclabile tra Marco, Lizzana e la città e alla proposta di parziale chiusura di via Fermi e via Tagliamento per creare verde sportivo tra l'asilo e il campo da calcio. Intanto l'Amministrazione, dopo l'en plein registrato a Noriglio, ha incassato il voto favorevole anche della Circoscrizione Sacco-S. Giorgio, con dieci voti a favore, due astenuti (Dobrilla e Ferron) ed un solo contrario (Tonelli). G. L.

L’Adige 20/01/2011

Inceneritore Marangoni in revisione - Scadono dopo 10 anni le autorizzazioni Appa

Estratto dal quotidiano: "L’Adige" venerdì 21/01/2011, pag. 29, autore: B. B.


















Monitorare costantemente la qualità dell'aria in zona industriale

Monitorare costantemente la qualità dell'aria in zona industriale. La richiesta è stata nuovamente presentata l'altro giorno dai residenti di Lizzana, durante l'incontro fra la Circoscrizione e la giunta Miorandi. Chi abita nelle vicinanze degli stabilimenti è preoccupato in particolare dai termovalorizzatori della Marangoni. Recentemente, inoltre, è stata rilevata una fuoriuscita di fumi dallo stabilimento che ha spaventato molti. Sulla eco-affidabilità degli inceneritori degli pneumatici per produrre energia elettrica, mette la mano sul fuoco l'amministratore delegato della Marangoni, l'ing. Roberto Tamma. Quanto al resto, specifica l'ad, si tratta pur sempre di attività industriale: «L'utilizzo di bicarbonato usato per la rigenerazione dei pneumatici, ad esempio, può produrre fumi bianchi più densi, ma che non costituiscono certo un pericolo». Tornando ai due inceneritori (operano in linea: uno dedicato agli pneumatici normali, l'altro a quelli di grandi dimensioni, ed hanno tre camini) sono stati realizzati nel 1996 e nel 1999. Si tratta di impianti che necessitano una «autorizzazione alle emissioni in atmosfera» soggetta a scadenza ogni 15 anni. Ma nel caso dei termovalorizzatori la norma è più restrittiva, perché si tratta di lavorare dei rifiuti. L'autorizzazione va dunque rinnovata, presentando domanda all'Appa, 6 mesi prima della scadenza, che oggi è di 10 anni (prima era di 5). La Marangoni ha presentato richiesta di rinnovo nei tempi previsti dalla normativa e oggi la pratica per i due impianti in linea è in fase di istruzione. Ma cosa può succedere a questo punto? «L'autunno scorso - spiegano all'Unità operativa dell'Appa che si occupa delle autorizzazioni - gli ispettori del Laboratorio aria dell'Agenzia per l'ambiente hanno provveduto a una serie di analisi e controlli sulle emissioni della Marangoni. Ora al nostro ufficio spetta valutare se i dati riguardanti gli inquinanti rientrano nei parametri di legge e se, nel frattempo, è cambiata la normativa e si sono sviluppate tecnologia migliori per trattare quel tipo di rifiuti». Quindi il vostro ufficio può dare il visto al proseguimento dell'attività o, in mancanza dei presupposti, non rinnovare l'autorizzazione, o infine imporre delle prescrizioni? «Certo se i risultati delle analisi fossero disastrosi e imponessero un totale rifacimento dell'impianto di filtraggio, con una spesa spropositata rispetto alle potenzialità economiche dell'azienda, si potrebbe anche emettere un provvedimento di chiusura. Come pure il rinnovo potrebbe essere condizionato ad una prescrizione di aggiornamento alla luce di nuove norme o della possibilità di più efficienti tecnologie. In questo caso verrebbero date delle scadenze per provvedere agli aggiustamenti, considerando i tempi di progettazione e realizzazione per un lavoro fatto con la dovuta cura, ma anche la congruità con il fatturato dell'azienda. Se tutto invece è in regola, si provvede al rinnovo senza altri oneri». Per la Marangoni siete ancora in fase istruttoria, ma c'è la possibilità che nelle eventuali prescrizioni ci possa essere anche l'obbligo di fornire i dati delle emissioni on line? «Sì, stiamo pensando ad una soluzione di questo tipo, ma per una comunicazione in tempo reale limitata fra azienda e Appa. Oggi infatti la Marangoni raccoglie i suoi dati e li invia, con una relazione accompagnatoria, una volta all'anno ai nostri uffici. Noi valutiamo questo faldone e lo inviamo poi al Ministero. Avendo i dati giorno per giorno in tempo reale, questo lavoro sarebbe molto più semplice e preciso, per la tranquillità di tutti». B. B.

L’Adige 21/01/2011


La Marangoni > L'ad Tamma:«Rilevamenti 24 ore su 24»

«Autocontrolli validati»

«La psicosi che si è creata sui termovalorizzatori in generale va superata. I nostri impianti sono costantemente controllati, i dati sulle emissioni nell'aria che raccolgono sonde e sensori vengono validati da società di certificazione terze rispetto alla Marangoni, inviamo report agli enti territoriali, Provincia di Trento e Comune di Rovereto, e siamo sottoposti a periodici controlli dell'Appa. Anche i Noe dei Carabinieri e l'Ispra di Roma (è l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) hanno effettuato delle verifiche da quando abbiamo iniziato a bruciare pneumatici per produrre energia in una fabbrica che, per definizione, è "energivora".» Così l'amministratore delegato di Marangoni meccanica e tecnologia, l'ing. Roberto Tamma difende la sicurezza dei due termovalorizzatori che a Rovereto lavorano in linea nello stabilimento della zona industriale. Ma i dati sulle emissioni li rilevate voi con i vostri strumenti... «Sì, ma ripeto, la validazione dei dati è affidata a società di certificazione e le verifiche esterne sono continue e diversificate. In Trentino c'è molta serietà per queste cose. E siano preparati a suonare l'allarme sui sistemi di rilevazione se non funzionano. I sensori, le sonde, i termometri vengono monitorati in modo che i dati prodotti siano sempre esatti». Quando hanno cominciato a funzionare i termovalorizzatori? «Sono in linea: uno brucia gli pneumatici da auto, l'altro quelli di grandi dimensioni. Sono entrati in linea a fine 1996 e a fine 1999. Quando vennero inaugurati, ricordo che arrivò il professor Viviano dell'Istituto superiore della Sanità. Ebbene, da qualificato osservatore, disse che impianti così validi per il filtraggio bisognerebbe averne di più». Ma, vista l'età, forse oggi mostrano qualche limite... «Sono stati continuamente aggiornati nella parte riguardante il filtraggio dei fumi, con una tecnologia fra le più avanzate al mondo, che potrebbe trattare anche rifiuti più impegnativi dei nostri. Non dobbiamo pensare ad uno pneumatico che brucia all'aperto, sprigionando fumo denso e appiccicoso. Noi lavoriamo a temperature altissime, 1200 gradi, e quindi il carbonio si cristallizza ed è talmente puro che può servire anche a realizzare certi cosmetici come il fard. Tornando alla attualità dell'impianto, va anche detto che tempo fa la Provincia ci aveva chiesto di ridurre ulteriormente le già basse emissioni dei nostri termovalorizzatori. E lo abbiamo fatto. Ora siamo veramente molto lontani anche dai massimi europei». Avete delle certificazioni ambientali? «Certo, a cominciare dalla prestigiosa Emas e poi la Iso 1400. Sulle certificazioni siamo sempre stati all'avanguardia». Bruciare per produrre energia, ma solo per voi? «Usiamo molta energia per le nostre lavorazioni, ma una parte, la sera, va a finire nella rete comune». B. B.

L’Adige 21/01/2011


La differenza > Le emissioni del termovalorizzatore Marangoni consultabili da tutti

Ad Anagni i dati sono on line

La Marangoni ha un altro stabilimento in Italia, ad Anagni in provincia di Frosinone. Anche qui l'azienda ha installato un termovalorizzatore che brucia pneumatici per produrre energia elettrica. La fabbrica, rispetto a Rovereto, è fuori dall'abitato, ma i dubbi sulle emissioni hanno prodotto la creazione di diversi comitati popolari, che vigilano con estrema attenzione sull'ambiente e la salute. La pressione esercitata dall'opinione pubblica ha prodotto lo stop, già deciso dalla conferenza dei Servizi e poi avallato in prima istanza dal Tar, di un progetto che prevedeva la combustione nel termovalorizzatore, oltre che dei pneumatici, anche delle carcasse in plastica delle auto. E ad Anagni l'azienda fornisce pubblicamente on-line sul suo sito i dati di rilevamento inquinanti forniti dalle sonde che vigilano sui camini filtranti. Dati, va detto, ampiamente sotto i limiti di legge. Ma perché ad Anagni sì e a Rovereto no? «Ad Anagni - spiega l'amministratore delegato di Marangoni meccanica e tecnologia, l'ing. Roberto Tamma - abbiamo avuto problemi con la trasmissione dei nostri dati agli enti territoriali. E così per evitare che le relazioni periodiche si perdessero, come è accaduto in Comune, abbiamo deciso di avviare questo metodo di trasmissione on line, per comodità e sicurezza nostra e loro. Detto questo, va aggiunto che a Rovereto non abbiamo ancora un sito specifico per questo tipo di comunicazioni». B. B.

L’Adige 21/01/2011

l'accusa

Alla riunione di un anno fa era stato Alberto Galli, allora presidente della Circoscrizione, a sollevare il problema: «Dalla lettura dei dati provinciali, si evidenzia una percentuali più alta della norma per alcuni tipi di tumore nella zona. È possibile saperne di più e capire se vi sia relazione con la vicinanza delle fabbriche?» Pacher rispose che questo tipo di incidenze derivano da fattori diversi, non sempre individuabili.

L’Adige 21/01/2011


La situazione

Il 17 marzo 2010, nella affollata assemblea a Lizzana, il direttore dell'Appa Fabio Berlanda aveva detto: «Il monitoraggio della Marangoni è un monitoraggio aziendale interno, nel senso che i controlli, sia in ciclo che in camino, vengono svolti direttamente dall'azienda stessa. Però - disse Berlanda - l'azienda ha l'obbligo di trasmettere all'Appa il report delle emissioni rilevate, una volta all'anno».

L’Adige 21/01/2011

giovedì 20 gennaio 2011

Emissioni esagerate dall'impianto di incenerimento di copertoni della Marangoni

Nuoce gravemente alla salute.















Questa è una fotografia scattata a mezzanotte tra il 19 e il 20 gennaio 2011, riguardante la cappa di fumo che impregna la zona industriale di Rovereto ed i centri abitati limitrofi. Il contributo maggiore è dato dall'impianto di incenerimento di copertoni dell'industria Marangoni, il quale sembra emettere fumi da un intero reparto piuttosto che attraverso i camini dotati di filtri. Da anni, queste fuoriuscite eccessive avvengono rigorosamente di notte, e strategicamente in corrispondenza di piogge, nevicate o fitte nebbie.

La fotografia successiva mostra le polveri raccolte, passando un tovagliolo su un tratto di corrimano del balcone di una casa distante poche centinaia di metri dalla fonte delle emissioni.


 Le polveri che finiscono nei polmoni.














Polveri raccolte passando un fazzoletto sul parapetto di un balcone.