Estratto da "L'Adige" di mercoledì 02/02/2011, pag. 31, autore: Chiara Zomer
Alla fine la questione «Pasina» approderà davanti al giudice: a marzo la ditta di compostaggio del Navesel potrà spiegare le sue ragioni in aula, visto che i fratelli Bonora hanno deciso di difendersi fino in fondo. Perché probabilmente non hanno voglia di passare per coloro che ammorbano l'aria della Vallagarina. Perché forse ritengono di avere carte e evidenze a loro favore, per screditare il teorema della procura. Certo è che non hanno optato per la strategia del profilo basso e della limitazione dei danni: non appena è stato loro notificato il decreto penale di condanna da 4.250 euro, hanno deciso di impugnarlo, richiedendo tra l'altro il giudizio immediato. Ora sarà il giudice Corrado Pascucci a valutare il comportamento dell'azienda e il rispetto o meno delle prescrizioni. La posizione della procura, ormai, è nota dal novembre scorso, quando l'impianto del Navesel venne messo sotto sequestro preventivo. L'assunto dal quale prese le mosse a suo tempo l'inchiesta del procuratore capo Rodrigo Merlo, era chiara: la puzza che rendeva invivibili le serate di Sacco, San Giorgio e Lizzana, dipendeva da una non corretta gestione dell'impianto di compostaggio. Fin qui i sospetti, che con le settimane - attraverso un'ordinanza comunale di sgombero, nonché la nomina di un ufficiale giudiziario che ha provveduto a bonificare l'area esterna al capannone - si sono trasformati in evidenze sufficienti, a parere della procura, per chiudere il caso. Risultato: l'ufficio inquirente ha chiuso l'indagine, imputando alla Pasina una serie di irregolarità. In particolare l'azienda è stata accusata di quattro violazioni dell'autorizzazione, perché stoccava all'esterno rifiuti non omogenei e non protetti dagli agenti atmosferici, perché non effettuava le prescritte analisi, perché spostava all'esterno il compost prima che arrivasse a maturazione (e quindi prima che si raggiungesse il livello di 600 mg di ossigeno al chilo), perché non eseguiva la lavorazione del compost in spazi chiusi e perché non ha ottemperato alla diffida con cui il sindaco gli aveva intimato di liberare il piazzale dai rifiuti. A queste irregolarità si aggiunge anche la violazione dell'articolo 674 del codice penale. Questi i presupposti in base ai quali la procura ha chiesto - e ottenuto - nel confronti di Pasina un decreto penale di condanna di 4.250 euro. Un'ammenda, insomma. L'azienda di compost avrebbe potuto chiudere qui la questione. Dato che, tra l'altro, non si trattava neppure di una pena impegnativa. Ma restava un punto: sempre di condanna si stava parlando. Perché il decreto penale questo è. E l'azienda di compostaggio probabilmente non vuole avere una macchia, seppur piccola, senza combattere. Quindi ha impugnato il decreto penale, chiedendo di essere ammessa a giudizio immediato. Cosa che accadrà a breve: il processo si aprirà il 15 marzo davanti al giudice Corrado Pascucci. E questo è solo uno dei procedimenti che vede impegnata la Pasina che, recentemente, ha presentato anche ricorso al Tar contro la diffida firmata a suo tempo dal sindaco Andrea Miorandi. Ma i giudici amministrativi non si sono ancora pronunciati.
02/02/2011
02/02/2011
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